Le diagnosi psicologiche sono profezie che si auto-realizzano?
Conoscete certamente questa piccola favola che racconta che i calabroni non sarebbero in grado di volare a causa delle dimensioni troppo piccole delle loro ali. Igor Sikorsky, un ingegnere aeronautico, pioniere dell'aviazione, scriveva che "il rapporto matematico tra le ali e il peso del calabrone ci dimostra che volare gli è impossibile , ma il calabrone lo ignora, ed è per questo che vola". L'ipotesi di Sikorsky è piena di promesse: il calabrone ignora il suo "handicap", per questo vola! Se questa conclusione fosse corretta, riportata all'essere umano, avrebbe implicazioni filosofiche e psicologiche essenziali: tutti potrebbero, se ci credessero e se non venissero loro spezzate le... ali, superare i propri limiti o il proprio handicap. Se ci liberassimo delle nostre credenze limitanti, potremmo esprimere un potenziale inedito. I coach o gli adepti del pensiero positivo utilizzano probabilmente questa idea per accompagnare o motivare i loro clienti. Li si comprende. Ahimè, idealista come sono, negli anni '90, uno zoologo britannico, Charles Ellington, professore di meccanica animale all'Università di Cambridge, ha smontato la bella storia del calabrone incosciente. Infatti, lo scienziato ha potuto dimostrare che il calabrone batte le ali fino a 200 volte al secondo. L'aria, agitata da questi movimenti, crea dei vortici ed è grazie alla depressione che ciò provoca che il nostro calabrone può sollevarsi in aria e volare a una velocità che può raggiungere i 20 km/h. E quindi in nessun caso perché non sa di non poter volare !

La mia prima reazione è stata di pensare che la scienza avesse ucciso una bella idea... di cui pensavo di servirmi per illustrare ciò che sta accadendo attualmente nel mondo della psichiatria che diagnostica a tutto spiano. Come psicologo, avevo tra le mani una metafora straordinaria sulle credenze limitanti. I terapeuti adorano avere storie come questa, per smuovere i cuori. Beh, mi viene voglia di dire loro di non privarsene, è probabile che i loro pazienti non conoscano Charles Ellington. In fondo, non sono i fatti a turbare gli uomini, ma l'opinione che ne hanno (è di Epitteto, che solo grazie a me sarebbe milionario se fosse vivo, tanto ho citato la sua frase). Quindi se una piccola omissione può contribuire a cambiare una vita, non facciamo i pignoli.
« Hai le ali troppo piccole, grosso calabrone, lascia perdere, e accontentati di camminare o saltare, ma volare, dimenticalo, non sei fatto per questo ! »
Poi, mi sono detto che l'errore di Sikorsky e la rettifica di Ellington potrebbero, al contrario, esserci di una certa utilità nel campo che ci interessa. Proviamo a decodificare questa storia più finemente con l'aiuto del prisma sistemico. Se lo si guarda dal punto di vista di Sikorsky, cioè se ci si concentra sulle sue caratteristiche strutturali, il calabrone è un handicappato. "Hai le ali troppo piccole, grosso calabrone, lascia perdere, e accontentati di camminare o saltare, ma volare, dimenticalo, non sei fatto per questo!". Questa è una tipica abitudine occidentale: concentrarsi sull'individuo, analizzare la creatura, nei minimi dettagli, scomporla in quante più parti possibili, elemento per elemento. In una logica di causalità disperatamente lineare: una causa determina un effetto, che determina un altro effetto, ecc. Ora faccio un salto per arrivare al cuore del mio discorso: questo approccio di analisi del vivente non è così lontano, in fondo, da ciò che nel mondo medico e psicologico chiamiamo "diagnosi". Vale a dire un esame approfondito, scientifico, dettagliato, persino ossessivo, di un essere, a partire da griglie di analisi sofisticate che pretendono di poter effettuare un'osservazione obiettiva e indipendente. Presentata per giunta come un fatto reale e raramente come un'ipotesi possibile. E, soprattutto, avulsa dall'interazione della creatura in questione con il mondo circostante.
Dal canto suo, Ellington, il mio uccisore di sogni, ha fatto sistemica forse senza saperlo. Perché, grazie a una telecamera molto elaborata, ha potuto evidenziare non solo le azioni del calabrone, il battito molto rapido delle sue ali, ma anche la "risposta" dell'ambiente a questo battito frenetico, ossia un'aria che si agita e crea dei vortici. Generando così ciò che i sistemici chiamano una qualità emergente, cioè un effetto risultante dall'interazione tra due elementi messi in relazione. Ad esempio, una qualità emergente tra i sostenitori di una squadra di calcio messi in relazione con i sostenitori della squadra avversaria, è spesso un comportamento imbecille. Mentre presi separatamente, questi individui potrebbero rivelarsi meno stupidi... Anche se... Qui, la qualità emergente, il tutto che è più della somma delle sue parti, è una depressione (nel senso meteorologico, si tratta di una regione dell'atmosfera caratterizzata da una pressione atmosferica più bassa di quella dell'insieme delle regioni adiacenti situate alla stessa altitudine).Quindi, in sintesi, il calabrone ha delle ali piccolissime, ma che battono molto, molto, molto velocemente, il che crea vortici e una depressione che gli permette di volare e quindi di continuare a battere le ali molto, molto, molto velocemente e quindi di continuare a creare vortici e depressioni... Si tratta qui di una spiegazione non più lineare, ma circolare, in cui la causa crea un effetto che a sua volta diventa la causa...
Ed è qui che voglio arrivare. Le diagnosi psico-mediche sono oggi, più che mai, utilizzate per spiegare le difficoltà, i limiti, i fallimenti degli individui, piccoli e grandi. Anche qui, si indicano e si analizzano il più finemente possibile le loro minime caratteristiche, credendo così di svelare le cause del problema. Così facendo, a volte si aiuta la gente, almeno momentaneamente, perché questa diagnosi fa abbassare la pressione intorno a loro (crea in qualche modo una "de-pressione", ma senza vortici). Sfortunatamente, spesso, la diagnosi genera una profezia che si auto-realizza, vale a dire una credenza nella propria incapacità di superare le difficoltà e i limiti a causa della diagnosi di individuo disturbato o handicappato. Come nel calabrone, salvo che questo insetto peloso e paffuto ha la fortuna di non comprendere (almeno a mia conoscenza) il giudizio che viene espresso su di lui. A differenza dei bambini e degli adolescenti, che frequentano i sistemi scolastici più diversi, a cui si fa capire, esplicitamente e implicitamente, che non ce la faranno a causa delle loro presunte ali piccole (ADHD, DSA, dislessia, ecc.). Ma se, come Ellington, ci si concentra sulla relazione che questi stessi bambini cosiddetti handicappati intrattengono con il loro ambiente, si può comprendere cosa non funziona in questa interazione e tentare di curarla. Senza negare alcune difficoltà intrinseche di cui siamo tutti più o meno portatori e che ci fanno più o meno soffrire. E si evita così di emettere pericolose profezie, come quella che aveva formulato lo psichiatra infantile di uno dei miei pazienti adolescenti quando aveva 5 anni, indicando in un rapporto ufficiale che quel giovane non avrebbe mai potuto avere una scolarità normale. Fortunatamente, il ragazzo in questione è stato abbastanza determinato e coraggioso da sventare la profezia e accedere brillantemente agli studi superiori.
Quindi, anche se la favola del calabrone che vola perché non sa di non poter volare è una fake, ciò che non lo è, è che abbiamo il potere di far volare una moltitudine di calabroni piccoli e grandi. Come? Non affibbiando loro troppo in fretta delle etichette, che a prima vista sembrano innocue e leggere, ma che pesano tonnellate quando arriva il momento di tentare di volare da soli. Come scriveva Mark Twain: « Non sapevano che fosse impossibile, così lo hanno fatto.»
Alessandro Elia (un calabrone che fortunatamente non ha mai saputo di non poter volare)